sabato 31 marzo 2012

IL MAESTRO PIROZZI, TALENTO ALLO STATO PURO


Il suo futuro era incerto ma il suo talento era immenso. Inconsciamente apprese l'arte del fare il sarto e consciamente la sviluppò, sino a farla diventare, a soli diciassette anni, la sua vita. Una vita passata - prima da lavorante e poi da sarto finito - a rincorrere un altro tipo di vita: più agiata, da sempre sognata. La sua formula vincente è stata sempre una sola: abbinare la vocazione, la passione e l'amore verso l'ago e il filo alla testardaggine. Una testardaggine che gli ha permesso, oggi, di poter dire "ce l'ho fatta, rimanendo umile". Ed insieme a questa grande soddisfazione Domenico Pirozzi, meglio conosciuto come Mimmo, ne ha potuta aggiungere un'altra, altrettanto prestigiosa: quella di esser diventato uno dei migliori sarti italiani, capace di mantenere in vita, con orgoglio, la vera sartoria napoletana antica. A lui non importa molto, anzi niente, della quantità. Lui ubbidisce ad un solo "comandamento": quello della qualità. E per raggiungerla è capace di estraniarsi dalla realtà, di chiudere la bottega e di non tener più conto delle ore, come fosse un vero e proprio hobby.

Tant'è che per portare a termine i suoi capolavori non si assume mai la responsabilità di rispettare nessun vincolo di tempo. Da lui vai, ti affidi al suo talento, alla sua maestria, cordialità e solarità; dopodichè non ti resta che aspettare, magari con un pizzico di desiderio. Quello di poter indossare un abito interamente fatto  a mano, creato per non stancare mai, secondo il proprio fisico, i propri gusti e persino secondo i propri vezzi. Ho incontrato Mimmo in un hotel in centro a Milano e dopo una breve colazione siamo saliti in camera per l'intervista vera e propria. Tra l'altro rivelatasi subito una piacevolissima chiacchierata, quasi come fosse un viaggio con partenza nel 1954, data in cui nacque Mimmo, ed arrivo in una stazione particolare: il 2011. Durante questo tour all'interno della antica sartoria napoletana numerose sono state le tappe in cui Domenico Pirozzi fu il vero protagonista. Una volta saliti a bordo del vagone del su misura partenopeo facemmo subito un balzo indietro negli anni, quando Mimmo aveva appena compiuto sei anni, età in cui entrò per la prima volta in una sartoria. Li ci rimase sino a undici anni. Poi ecco la svolta: il treno si fermò ad un'altra stazione, quella della Sartoria Ibiglio.


Per Domenico Pirozzi, infatti, quei sei anni passati in sartoria Ibiglio, fino allo spegnimento delle diciassette candeline, furono fondamentali per la sua formazione. Sin da subito dimostrò il suo genio, il suo talento. Lui era una spanna sopra tutti, tant'è che a diciassette anni era un sarto finito, pronto per lavorare a cottimo. Provenendo da una famiglia non molto agiata il suo obbiettivo era quello di avere successo, economico ovviamente. Però prima dovette andare a fare il servizio di leva. Una volta tornato, era il 1975, a soli vent'anni, decise di aprirne una tutta sua di sartoria. E da li, dal 1975, il nostro treno del Su misura arrivò rapidamente all'oggi, nel 2011. Ma nonostante il passare degli anni, per Mimmo, il tempo sembra essersi fermato negli anni in cui le macchine da cucire e le industrie non esistevano ancora: lui fa tutto ancora a mano. Non siete sicuri? Bé...vi svelo questo aneddoto: mentre io stavo scrivendo, nella sua camera d'hotel, lui era di fronte a me con ago e filo in mano: stava cucendo gli ultimi bottoni. E se non vi bastasse, provate ad andare a trovarlo in quei di Napoli e a guardagli le sue mani: sono tutte rovinate dall'ago.

Maestro Pirozzi mi è stato detto che lei pratica una sartoria un pò strana, di che si tratta?
"Bé io pratico veramente l'antica sartoria napoletana dove tutto viene fatto rigorosamente fatto a mano e dove la spalla è ancora a camicia vera. Per me il vestito non deve essere solo un copri persona ma deve andare oltre, deve essere vivo tanto quanto come una persona".
Ma nello specifico da cosa si vede che quello è un suo abito rispetto ad un altro?
"Dalla manica a mappina o insellata con giro strettissimo, dalla spalla, dalla linea in generale e dall'essere perfettamente aderente al corpo".
E per fare questo suo capolavoro quanto tempo occorre?
"Ah dipende...da quaranta giorni a due anni, tutto sta dal lavoro che devo fare, ma soprattutto dal mio estro. A volte riesco a bloccare tutto il lavoro di sartoria per seguire un capo, una giacca. Tenga conto che stirare un cappotto, con gli antichi ferri da sette chili, ci posso impiegare anche una giornata intera".
 Ovviamente non ha ne sito internet e ne mail. Per andarlo a trovare basta recarsi a Napoli, in Via Chiaia 197. 

martedì 27 marzo 2012

CALZATURE MARINI, 112anni di su misura fatto a mano

Che cos'hanno in comune Gianni Agnelli e Marcello Mastroianni, il Re del Marocco e la Regina Elisabetta II? Le scarpe. Ma non delle scarpe di qualunque marca o modello. No, no. Questi quattro personaggi ai loro piedi idossano solamente scarpe su misura realizzate dalla calzoleria Marini, nel cuore di Roma.

Tutto viene svolto come 112 anni fa, rigorosamente a mano, dalla forma al modello. A portare avanti negli anni questa lunga e prestigiosa cultura della scarpa su misura è Carlo, l'ultimo di una lunga stirpe di Calzolai. Per capire meglio la sua storia, le sue scarpe e i suoi pensieri siamo andati direttamente nel suo laboratorio a fargli qualche domanda.


Signor Marini, le sue scarpe oggi sono sinonimo di qualità suprema. Come nasce e quando si sviluppa questa sua passione per le scarpe su misura?
Nasce circa nel 1960 quando avevo 12 anni. Ogni giorno mi recavo nella nostra bottega storica di famiglia sita in Via Crispi, nel cuore di Roma, a seguire mio padre e mio nonno. All'inizio il mio compito era la lucidatura poi, con l'esperienza, sono passato a seguire la lavorazione, il taglio, fino alla creazione della forma in legno, tutte le varie fasi artigianali che mi hanno portato ad amare quest'arte.
 Cos'è cambiato dalla scarpa che faceva suo nonno a quella che fa lei oggi?
Assolutamente nulla, la lavorazione è la medesima da tre generazioni, con mio figlio sarà la quarta.
 Se avesse solo tre parole per descrivere le sue scarpe quali aggettivi userebbe?
Belle, eleganti e funzionali e cioè le 3 caratteristiche che rendono i prodotti artigianali italiani unici ed immortali nel mondo
 Cosa apprezzano delle sue scarpe i suoi clienti?
La meticolosa lavorazione totalmente a mano, l'estrema comodità, l'unicità della linea "Marini" e la resistenza nel tempo. Le nostre scarpe hanno una durata nel tempo straordinaria grazie al processo artigianale che permette una resistenza inaccessibile ai processi industriali e alla qualità delle pelli che usiamo, che si ravvivano nel tempo, creando un prodotto senza tempo.


Quali sono gli insegnamenti più preziosi ricevuti da suo nonno e da suo padre a livello professionale?
Per raggiungere il nostro livello, nulla deve esser tralasciato. Controlliamo ogni cosa, dalla pelle che deve essere senza imperfezioni, al fondo, sempre armonioso e senza difetti. Tuttavia per soddisfare totalmente le esigenze dei nostri clienti la cosa piu' importante è il comfort, che otteniamo grazie alla misurazione del piede riproducendo la forma. Usiamo ancora forme in legno, come 110 anni fa, le intagliamo a mano e ci costruiamo la scarpa attorno. Finita la scarpa le forme vengono conservate nella nostra bottega in modo da poter essere riutilizzate ogni qualvolta il cliente ne richieda un nuovo paio.  Questo processo, molto lungo e complicato, ci permette di creare calzature su misura assolutamente perfette e comode. 
 Oggi i suoi clienti sono più italiani o internazionali?
La nostra clientela consiste in personalità di spicco della politica, dello spettacolo sia nazionali che internazionali nonchè membri appartenenti alle case reali di tutto il mondo. Per citarne solo alcuni hanno comprato le nostre scarpe la Regina Elisabetta II, il Re del Marocco, Gianni Agnelli, Marcello Mastroianni, Luigi Einaudi e così via. 
Ad oggi la nostra clientela risulta essere suddivisa al 50 e 50 tra italiani e clienti internazionali. Va sottolineato che il cliente europeo rispetto agli altri ha un'attenzione particolare per il dettaglio.
Come vede la calzoleria italiana tra 50anni?
Credo che se l'artigianato italiano vuole durare ancora nel tempo deve tornare alle origini, al minuzioso lavoro che una volta si faceva, che tuttoggi noi ancora facciamo ma che tanti tralasciano, puntando sempre di piu' alla quantita' e perdendo di vista ciò che ha reso il made in italy famoso nel mondo, la qualità.
Qual è il suo sogno per il futuro?
Per quanto riguarda la nostra ditta proseguiremo nel nostro antico modo di lavorare che è sempre lo stesso da 112 anni,puntando sempre di piu' sul "su misura" totalmente a mano, una sorta di devozione nei confronti della nostra arte che a oggi è una delle piu' ricercate al mondo, da Capi di Stato, Reali e personalità di spicco... continueremo ad accompagnarli, passo dopo passo nella loro storia, che oggi è anche la nostra.






mercoledì 21 marzo 2012

BOELLIS, LA SARTORIA DEL CAPELLO SU MISURA

Se avete programmato una vacanza in quei di Napoli e dintorni, o ci dovete andare anche solo per un viaggio d'affari, non potete ripartire senza esser andati dal sarto per i capelli per antonomasia: il barbiere Boellis.


La sua storia inizia nel 1924 a Napoli da Don Antonio, il capostipite. Da quella data ad oggi nulla è cambiato. La barba, i capelli e molto altro ancora viene svolto con la stessa cura e la stessa classe, ma anche la stessa professionalità, con cui si svolgeva nei primi anni del 1900.



Boellis non è uno dei tanti barbieri. No. E' il barbiere per eccellenza di nobili e notabili. Appena si entra si respira quell'aria tipica dei salotti d'altri tempi, dove la storia come per magia riprende a vivere e a consegnare quella bellezza immaginata solo su libri e disegni d'epoca.


Ad accoglierci c'è Michele e la sua gentilezza. Lui è la storia che continua di generazione in generazione. Nel suo salotto non ci sono rumori. C'è una grande orchestra composta da forbici, rasoi e pettini che magistralmente compongono un inno particolare: quello alla gioia del cliente.


Di egual fascino sono le sue fragranze per uomo. Esse sono il frutto di saperi antichi che ormai oggi hanno incotrato il ventunesimo secolo, in termini di abitudini ed esigenze.




Michele Boellis lo potete andare ad incontrare personalmente a Napoli nel suo salotto in via Vetreia a Chiaia 9 al primo piano, in pienissimo centro storico. Oppure se avete voglia di fargli una telefonata potete farlo allo 081/417231. Già dalla sua voce potete iniziare a capire come la storia diventa realtà.


lunedì 12 marzo 2012

SARTORIA PANICO, una classe del su misura aristocratica

Da quando sono uscito dal suo salotto-sartoria, non è trascorso molto tempo. Le sensazioni provate furono moltissime, tanto da tormentarmi, ovviamente in positivo, ancora nei giorni successivi. I miei occhi sono ancora là, fermi a quel 29 aprile, quando, alle undici e trenta, suonai il campanello del suo salotto-laboratorio. Ancor prima di recarmi a Napoli per intervistarlo , capii, dalla voce e da alcune immagini scovate in internet, che si trattava di un uomo in possesso di una grande personalità, abbinata ad una vocazione al buon gusto aristocratico. Passò qualche secondo tra il suono del campanello e l'aprirsi della porta, della sua porta.


Aprendomi, il maestro Antonio Panico in persona, non aprì una semplice porta, ma andò oltre: aprì la porta della sua vita. Mi fece accomodare su di un divanetto dal sapore antico, mentre lui era a fianco a me, a bordo di una poltrona simile al suo carattere: riservato, autoritario ed educato al tempo stesso. Non era solo; insieme a lui vi era il fumo della sue sigarette, appariva come una guardia del corpo inseparabile. Iniziai a porgergli la mia prima domanda, era legata alla sua vita. Mi disse subito che non era indispensabile; lui voleva solo manifestarmi la sua tristezza nel vedere che quello del sarto non è più un mestiere ambito dai giovani. Inizialmente mi diede l'impressione di non voler parlare molto.....penso faccia parte del suo carattere.


Ma dopo una breve chiacchierata ecco la svolta: iniziò a raccontarmi chi è il maestro Antonio Panico. Partì da lontano. Ovvero da quando, a soli 12 anni, suo padre lo pose dinanzi ad una scelta: "o vai in collegio oppure ti scegli un mestiere". Antonio scelse la seconda opzione, scegliersi un mestiere. Abitava a Casalnuovo, il paese dei sarti, a due passi da Napoli. La scelta fu quasi obbligatoria: entrare in sartoria. La sua vita però cambiò quel 4 luglio del 1954 quando - a bordo del pullman 230 con destinazione Napoli piazza De Martiri - approdò alla sartoria Angelo Blasi, la regina di tutte le sartorie. Li si formò professionalmente ed umanamente: la sartoria per lui fu una vera e propria scuola di vita. Una scuola di vita fatta di rispetto e regolamenti ferrei, dove la competizione era continua.


E dove chi era professionalmente inferiore doveva dare del voi a chi era superiore, anche con un anno di differenza. Era mezzogiorno quando una voce femminile interruppe l'intervista: "maestro Panico, ci sono le tasche da segnare". Il maestro a quel punto si alzò per andare a svolgere uno dei tanti amati riti della sartoria. Dopo un paio di minuti ritornò, rimettendosi seduto, proprio per rientrare nel suo passato interrotto. Ritornò infatti con la mente, e con il cuore, tra i banconi della sartoria Blasi. E più precisamente quando, a soli 17 anni, dopo cinque trascorsi all'interno, si licenziò per andare da un altro sarto; noto per la cura maniacale dedicata a ciascun abito. Li ci rimase altri due anni e mezzo, fino a quando si rese conto, a soli 23 anni, di "avere la stoffa" per aprire una sartoria tutta sua.


Ma la vita però, valutando il suo indiscusso talento, aveva già pensato di farlo entrare nell'olimpo della sartoria. Infatti, nel 1960, ricevette la proposta più ambita da tutti i sarti di allora: lavorare nel laboratorio di Gennaro Rubinacci. La posta in gioco era altissima: Antonio fu chiamato a sostituire non un sarto qualsiasi, bensì l'altro re della sartoria partenopea: Vincenzo Attolini. I sarti di allora erano sicuri: il giovane Antonio non sarebbe rimasto più di un mese a fare il sarto per Rubinacci. Invece, col passare del tempo, si dovettero ricredere tutti quanti, perchè il maestro Panico ci rimase per ben 23 anni! Nonostante il suo ruolo fosse molto ambito nel '91 decise che fosse venuto tempo di riaprire una sartoria tutta sua, nello stesso edificio dove mi fece sedere lo scorso 29 marzo. E da quel 1991 nella sua sartoria il maestro Panico è il primo ad entrare e l'ultimo ad uscire.

Maestro Panico, da cosa si riconosce un suo abito e quante ore servono per costruirne uno?
"Intanto si distingue in mezzo ad altri abiti. E questo avviene perchè i miei abiti hanno un'anima, un bel profilo e "tanti difetti". Io non sono capace di creare un abito privo di grinze; perchè in quelle grinze ci sono i miei segreti e quelli fisici di ciascun cliente. Inoltre i miei abiti non si sentono addosso: te ne accorgi di avercelo addosso solo quando devi andare a letto per dormire. Mentre per quanto riguarda la seconda di domanda, non le so dare una risposta in termini di ore, perchè ogni volta ci trovo qualcosa da rifare; io non mi accontento mai".





mercoledì 7 marzo 2012

DAVIDE SOLAZZI, un genio del gemello da uomo

Vedendo i suoi gioielli non si può che rimaner incantati. Poi, se per caso si avesse il culto dei i gemelli da uomo, beh...si rimane addirittura senza parole. Si perchè Davide Solazzi non è un gioielliere come tanti altri, lui il gemello, e non solo, te lo disegna come vuoi tu. Lo crea su misura, ricercando materiali preziosi, capaci di far ingelosire senza mai accedere. Il suo teorema, quello solazziano appunto, prevede una perfetta simbiosi tra eccentricità e sobrietà.




Da lui, a Parma,  non ti puoi aspettare di trovare una collezione di gemelli da uomo immensa. Da lui vai, esponi la tua idea, ascolti la sua, insieme trovate un buon compromesso e poi aspetti che il prototipo prenda forma, almeno su carta.


E solo dopo aver ricevuto il tuo "si va bene, mi piace proprio" lui si mette all'opera, andando a creare quello che fino a ieri era un tuo sogno, un tuo desiderio. E rimarrà solo e soltanto tuo perchè lui realizza solo pezzi unici. Nel disegno, così come nella realizzazione, Davide non ama fare il calcolo delle ore lavorative; si lascia trasportare ogni volta da una corrente seduttiva, composta da una voglia di miglioramento continuo e, soprattutto, da una passione sfrenata per il proprio lavoro: questo è il suo segreto. Segreto capace di renderlo unico nel suo genere.


Un'altra colonna portante del teorema solazziano è certamente quella legata alla voglia di innovare, senza mai ripetersi; infatti passa gran parte del suo tempo a ricercare nuove pietre, nuove forme, nuove ispirazioni. Ispirazioni capaci di nascere per caso, magari dopo un dialogo con un cliente, oppure vedendo un abito, una pietra antica o un brillante particolare. Davide Solazzi è diventato tale senza l'apporto di nessuna raccomandazione. Tant'è che a sedici anni è costretto ad abbandonare la scuola a causa di un brutto incidente in motorino. Doveva trovare un lavoro che gli permettesse di non stancarsi molto, rischiava di perdere una gamba. Nel 1983 entra nella gioielleria dove sua madre faceva la commessa a Parma; li ci rimase sino al '95.



Nel giro di dodici anni impara ogni segreto dell'arte orafa, girando anche altri laboratori. La svolta avvenne proprio nel 1995, quando decide di aprire un laboratorio tutto suo, sempre a Parma. Un laboratorio in grado, in poco tempo, di far emergere tutto il suo talento. La specializzazione in gemelli da uomo arriva un paio d'anni dall'apertura del suo laboratorio, grazie ad un avvocato: Fulvio Villa. Da quell'incontro riesce a scoprire l'universo dei gemelli, fatto di colori, passioni, gusti e desideri. Se ne innamora e a distanza di dieci anni, Davide e l'avvocato Fulvio, non perdono mai l'occasione di confrontarsi; l'obbiettivo è quello di creare continuamente nuove idee.



martedì 6 marzo 2012

BESTETTI, quando la scarpa diventa opera d'arte

Del talento di Riccardo Freccia Bestetti ve ne avevo parlato già qualche settimana fa. Queste nuove immagini non hanno bisogno di commenti. Non possono far altro che confermare tutta la sua bravura tecnica ed estetica.


Come potete notare chiamarle scarpe fatte a mano non basta più. Si tratta infatti di scarpe la cui linea, colorazione e forma non ha nulla a che vedere con il 90% della concorrenza italiana. Dando per scontato il confort e la qualità tecnica, quello dell'esteriorità è il vero spartiacque tra il calzolaio di un tempo, cioè quello a cui interessava salvaguardare solo il vessillo del fatto a mano, e quello esteta. Cioè, quest'ultimo, certamente più moderno, in grado di migliorarsi tecnicamente attraverso ciò che appare. Un esempio? Le immagini appena sotto.